mattia darò architect - rome italy


Architetture "APPARENTI"

L’oggettualità e la commercializzazione dell’architettura. La spettacolarizzazione dell’edificio, dai valori contestuali a quelli iconici.

Il linguaggio dell’architettura contemporanea si è impossessato di valori diversi che prescindono dall’autonomia della disciplina. Dagli anni ’60 a oggi il linguaggio architettonico mondiale ha prima ripudiato il moderno in nome di ideologie politiche e poi lo ha riassorbito grazie al filtro della cultura di massa.
L’oggetto architettonico ha sempre più il valore di un oggetto commerciale (e più è di “qualità” e più è elitario). L’essere sempre più oggettuale ha riportato l’architettura ad essere moderna, come reale possibilità di essere propositivi in architettura. Se in tutti gli anni sessanta, il condizionamento delle idee politiche non ha concesso nulla a posizioni troppo moderniste, il radicalismo dei settanta ha riscoperto, almeno nella ricerca, nuove scappatoie demiurgiche per l’architetto, tradotte in provocazioni (tutta l’architettura radicale toscana e milanese) o nelle istallazioni, figlie del secessionismo viennese, e ancor più cruciale per la storia contemporanea nella dichiarata rilettura delle avanguardie (le reali promotrici del moderno) fatta nella scuola A.A. di Londra (da cui Koolhaas, Hadid, Tschumi).
sul moderno vedi nota 1
Oggi la società occidentale ha introiettato nel reale quelle tensioni culturali. Le “grandi “ architetture sono prodotti di quelle premesse. L’immagine e il suo potere comunicativo prevalgono nella scelta dei nuovi architetti che disegnano le città. La cultura di massa e il potere delle immagini è oggi un elemento chiave delle nuove gestioni amministrative delle città. L’oggettualità dell’architettura si è emancipata in nome di nuovi valori riferibili al contesto: appunto l’aspetto comunicativo e il suo essere icona ed eccezionalità del luogo stesso. Non più l’architettura del genius loci come sensibilità debole e rispettosa del contesto e alla sua storia ma più come icona contrastante e aggressiva nei confronti del luogo. Sicuramente prevale la volgarità all’eleganza ma questa è figlia del progresso e quindi inevitabile o meglio legittima. Architetture volgari come oggetti eccezionali, firmate e d’autore. Ma a prescindere dalle considerazioni sullo stile, queste architetture UFO sono piovute nelle città dal cielo e oggi hanno ridefinito un linguaggio.
Queste architetture, tra l’altro, sono figlie di posizioni teoriche e di cambiamenti che hanno interessato non solo l’architettura ma la società in generale. Forse è Wright il primo architetto che si è cimentato con l’architettura-UFO, che è il Guggheneim di New York, e anche Le Corbusier ha tentato invano con il museo di Tokyo e l’ospedale di Venezia, fino a che con la cultura della città fatta di singoli monumenti (Delirious di Koolhaas del 1978 teorizza questo) che deriva palesemente dalle indagini fatte da Venturi sulla città “narciso” per eccellenza, Las Vegas, l’architettura Ufo si è, non solo, emancipata, ma ha anche assunto il ruolo di guida per la cultura architettonica, prima in una versione debole con la stagione postmoderna di Rossi, Ungers, Stirling, Venturi stesso e poi traghettata da quel nucleo newyorkese dei five (Eisenmann e Meier più degli altri) verso la stagione postmoderna strong (Koolhaas, Hadid, Tschumi, Gehry, Libeskind).

L’iconografia dell’architettura. Il linguaggio contemporaneo: dalla forma alla sagoma. Architettura come un vestito. L’apparenza prevale sull’essenza.

L’architettura risulta sempre più evanescente. L’aspetto comunicativo prevale alle volte sulla sua consistenza. Nelle funzioni delle città/metropoli contemporanee è divenuta sempre più un’esigenza possedere e coltivare un’identità visiva.
La funzione dell’edificio non si risolve esclusivamente nella risposta al programma funzionale né solo a quello estetico ma deve rispondere al suo essere parte della città, oggetto urbano e in tensione con la città stessa.
Il linguaggio contemporaneo prevalente si concentra sempre più alla superficie dell’oggetto architettonico (pelli, tessiture, apparenza). L’edificio contemporaneo è sempre più riconducibile ad un contenitore vuoto avvolto da un vestito. Questo avviene da una parte grazie allo sviluppo eccezionale delle tecnologie in diversi settori che permette agli architetti di farne un uso spregiudicato sia per quanto riguarda strutture e rivestimenti che per quanto riguarda aspetti puramente estetici, dall’altra in relazione alle dinamiche esistenziali sociali che danno sempre meno importanza al contenuto e sempre più al contenitore (la città stessa è la reale casa di tutti).
In relazione a queste tensioni teoriche e linguistiche, l’architetto recita sempre più la parte di uno stilista che veste pezzi di città (infrastrutture o spazi aperti che siano). E viceversa gli amministratori della città scelgono i propri stilisti, che ricorrono al restyling come strategia per il rinnovamento della città. Anche i nuovi edifici, infatti, appartengono alle città nello stesso modo per cui un gioiello rifinisce un abito. Gli edifici non costituiscono più la città stessa ma sono un ultimo abbellimento, l’utlimo tocco del finisheur. L’architettura si interessa sempre più a ciò che riguarda l’apparire con un’attenzione morbosa e anche cosciente del suo stesso valore effimero. L’apparenza rappresenta quel limite indissolubile che garantisce l’impreziosimento della più antica res pubblica, la città. Anche gli occhi vogliono la loro parte.

Riferimenti:
La città è un discorso e questo discorso è veramente un linguaggio
Roland Barthes, Il piacere del testo, Torino, 1975

Oltre il disegno, oltre l’architettura in sé, esistono i fatti urbani, esiste la città, esistono i monumenti
Aldo Rossi, “Individualità dei fatti urbani. L’architettura”, cap.III, L’Architettura della città, CittàStudiEdizioni, Milano, 1978

From the studio notes: Is the sign the building or the building the sign? These relationships, and combinations between signs and buildings, between architecture and symbolism, between form and meaning...
Robert Venturi, “Architecture as Symbol” “The Architecture of Persuasion”, Learning from Las Vegas, The MIT Press, 1972

La Metropoli si sforza di raggiungere uno stadio mitico nel quale il mondo sia completamente opera dell’uomo, facendolo coincidere precisamente con i suoi desideri. La Metropoli è una macchina che dà assuefazione, da cui non vi è scampo, a meno che non lo conceda lei stessa…
Rem Koolhaas, “Appendice: una conclusione immaginaria”, Delirious of New York, 1978

Se, come sosteneva McLuhan, l’abbigliamento e l’architettura sono entrambi estensioni della nostra pelle che agiscono come un meccanismo di controllo energetico nei confronti del mondo esterno, la loro funzione di membrana è senza dubbio molto importante. In altre parole, l’abbigliamento, l’architettura e le città devono affinare e lucidare le loro epidermidi (lo strato esterno) affinché siano estremamente sensibili e delicate.
Toyo Ito, “Tarzan nella foresta dei media”, 2G n.2, 1997

Città "GALASSIE"

Le architetture comunicative in relazione all’immagine della città. L’eccezionalità e l’emergenza nel tessuto.

Le architetture UFO si impongono già nella loro genesi come emergenze ed eccezionalità nel contesto. Se, come detto, l’architettura funge da gioiello, questo processo fa sì che le città diventino galassie, costellate da UFO. La città/galassia è costellata di oggetti sensazionali, che appaiono ed emergono nel tessuto “omogeneo” della città. Operazioni che nascono per essere eccezionali, che non si innalzano a modello ma fanno la differenza tra consueto ed emergente.

Rif: il Beabourg di Parigi, il Guggheneim di Bilbao, la Kunsthalle di Graz, la Chiesa Giubilare a Roma

media architectures

Simbolismo e iconografia dell’architettura.

L’espressione del mondo (letteraria, figurativa, scientifica) oggi riguarda sempre più masse e risulta ad appannaggio di più persone. Questo fenomeno ha apportato mutazioni al modo di percepire l’architettura. Edifici spettacolari, spazi urbani emoticon, funzioni di massa. La città ha il dovere di accogliere tutti. Le sue eccezionalità devono essere d’appannaggio di tutti. Questa tensione crea nello sviluppo di nuove sensational architetture linguaggi che dialogano e si riferiscono al mondo della comunicazione in ogni sua diversa forma. Per questo motivo le architetture contemporanee oggi significano nel loro essere simboli (punti di riferimento, emblemi di nuove eredità dei tempi, veri e propri oggetti comunicativi). L’apparire dell’oggetto architettonico è funzione del suo programma. Si diversificano i metodi dell’apparire: pura espressività artistica (es. il caso Ghery); sapiente scelta di campionari tecnologici (es. Nouvel); estetizzazione dell’informe (es. Coop Himmelb(l)au); eleganza tecnologica che sa di buona tradizione (es. Piano). E’ necessario sviscerare poeticamente la funzione apparente del programma dell’oggetto architettonico. L’architetto è schiavo della complessa strategia con cui ha creato la sua immagine di stylist. L’iconografia dell’oggetto architettonico si riversa nelle città dove il forte contrasto del nuovo oggetto brilla di luce e assume subito (anche in fase di realizzazione) a nuovo simbolo di un nuovo mondo, era, politica.

Rif:
-Francesco Dal Co, Kurt W. Forster, Hadley Soutter Arnold - “Frank. O Gehry, Opera completa” - 1998, Editore Electa
-AA.VV, “Jean Nouvel. Exhibition catalogue. Editions Centre George Pompidou. 2001
-F.Werner, “Covering + Exposing. Coop Himmelb(l)au”. Birkhauser.
-P.Buchanan,“Renzo Piano Building Workshop. Complete works, vol.4”, Allemandi Torino/Phaidon London, 2000

Problemi dell’immagine di Roma (la storia come immagine)

1 Le architetture provenienti dalla storia. L’apparire della storia nella contemporaneità.

Roma, come città metropolitana, possiede una peculiarità fortissima dovuta al suo importantissimo patrimonio storico. Questa qualità intrinseca, che è patrimonio del mondo, caratterizza fortemente l’identità visiva della città. Quasi in contrasto con la gestione delle città, derivata dalla oggettualizzazione delle nuove architetture contemporanee, Roma necessita una continua rivitalizzazione delle sue emergenze storico-artistiche. Infatti Roma è un’unicum come capitale perchè la sua innovazione passa in second’ordine rispetto alla gestione dell’esistente. Paradossalmente le architetture UFO a Roma sono architetture che provengono dal passato e non dal futuro, come nelle altre città.

Rif: Il Colosseo, il Pantheon, Piazza Navona, Fontana di Trevi, Il Vittoriano, l’EUR

historical architectures

2 Il valore del turismo: filtro della contemporaneità sulla storia.

Nelle grandi capitali contemporanee spesso i luoghi d’intrattenimento come i musei, i centri culturali, i parchi tematici sono mete importanti del turismo. Nelle città dove esiste un vasto patrimonio architettonico storico-culturale, come Roma, questo rappresenta più delle nuove architetture le emergenze ed eccezionalità che connotano l’identità dell’immagine della città. Il mercato e i flussi del turismo rappresentano nella società contemporanea una sorta di termometro che individua queste emergenze, segnalando i luoghi ”caldi”, i punti di grande attenzione, che nel caso di Roma spesso hanno una duplice chiave di attenzione: storico-documentaria e popolare-attrattiva.
In relazione a ciò l’architetto deve essere il consulente prefissato della città per la gestione di qualità del patrimonio di Roma. La qualità dell’immagine visiva data dai grandi monumenti della storia, deve essere messa in risalto dall’architetto, che sa meglio di altri come far emergere il potenziale urbano dell’oggetto architettonico.
Le Corbusier in Vers une architecture diceva: “La lezione di Roma è per i saggi, coloro che sanno e possono apprezzare, coloro che possono resistere, che possono controllare. Roma è la perdizione di coloro che non sanno molto. Mandare a Roma gli studenti di architettura significa rovinarli per sempre. Il Grand Prix di Roma e la Villa Medici sono il cancro dell’architettura francese.”


nota 1

LA MODERNITA’ (conseguenze, crisi, critica)

In realtà la domanda è: esiste ancora la modernità?
Anthony Giddens definisce essa come “la cesura tra il mondo della tradizione” (Le conseguenze della modernità, Il Mulino, Bologna 1994).
Alain Touraine fa coincidere con essa “l’affermazione secondo cui l’uomo è ciò che fa”. (Critica della modernità, Il Saggiatore Net, 1993)
David Harvey, riprendendo Baudelaire, afferma che “la vita moderna è caratterizzata in modo così intenso dall’effimero e dal mutamento” (La crisi della modernità. Il Saggiatore Net, 1993)

Capire se siamo ancora o no in un’era moderna è punto nevralgico per riflettere sulla condizione contemporanea. Forse troppo presto abbiamo tentato di “saltare il fosso” credendo di esserci contrapposti ad un’era moderna, etichettandola come post-moderna, ma in realtà a distanza di quasi 40 anni dall’anno chiave (vedi Harvey), il ’68, l’era post-moderna sembra più essere una fase di radicalizzazione del moderno (vedi Giddens).

Il post-moderno come una parentesi o meglio una piccola stagione dell’era moderna e non come sua contrapposizione?

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