mattia darò architect - rome italy

Città anulare, galassia, collage da "Gomorra, n.9, annoV ottobre 2005, Meltemi editore"

Abitare il GRA
Un’analisi progettuale

Analizzando il Grande Raccordo Anulare, emergono diverse questioni aperte che mettono a confronto ipotesi di città diverse. Città spontanee e città pianificate si confrontano nel loro essere in antitesi. Oltre l’idea di raccordo, si avverte un nuovo modo di concepire e leggere la città. E’ il problema di numerosi nuovi insediamenti e il raccordo è l’elemento antropico e ordinatore che li riconnette. Come per tutti i modelli insediativi, anche per il GRA, il rito e il mito della sua genesi lo rendono un’infrastruttura atipica. In parte segno archetipo nel territorio della campagna laziale, in parte elemento catalizzatore di vite residuali. Il raccordo è oggi sia una “leggenda metropolitana” che un tracciato su cui pianificare l’espansione di Roma.
Si propongono tre chiavi di lettura, per ripensare a come abitare il GRA, oltre che a girarci intorno.

A) La “città anulare”
Un nuovo concetto di impianto urbano.
Si può immaginare il GRA, oggi, come un nuovo modello insediativo per una nuova città. Il raccordo è un asse viario metropolitano. Intorno ad esso, dapprima sono nati alcuni quartieri “spontanei” che hanno sfruttato il tracciato stradale, dall’altra sono cominciati a sorgere nuovi insediamenti pianificati intervallati da stabilimenti industriali, capannoni artigianali, grandi centri commerciali e altro. Il GRA ha cessato di essere un anello viario nella campagna ed è invece divenuto un anello viario a cavallo della città. Immaginando che il suo tracciato sia come il cardo mentre le varie strade che lo attraversano radialmente sono tanti decumani, il raccordo cessa di essere un’infrastruttura viaria per divenire la maglia strutturale di un’ “altra città”. Quest’ “altra” Roma è oggi molto cresciuta e sta divenendo la Roma moderna, quella che può essere costruita senza troppi problemi politici o di sovrintendenze ma anche senza troppe ambizioni di qualità. Come una città lineare però richiusa ad anello, questa città anulare appare potenzialmente come un sistema di città fatto di diverse centralità senza nessun reale legame con la città storica o consolidata. La Roma storica e la città intorno al GRA sono due entità separate che dialogano solo in parte. La città storica e turistica è una cosa, mentre la città anulare è un’altra. Quest’ultima, in fondo, è una città territoriale, ancorata ad un’infrastruttura ma senza veri riferimenti geografici, eccetto la conformazione del suolo. E’ come una città ideale ma è nata a causa di processi di insediamento reali, in passato spontanei e oggi pianificati.

Una nuova città “moderna”.
Tenendo conto di questa analisi, si potrebbe estremizzare questa lettura in chiave progettuale. Si potrebbe immaginare così una “altra” Roma e cioè la città moderna (attrezzata come le grandi metropoli) che non si è mai riusciti a realizzare. Come lo SDO, sarebbe un’asse attrezzato periferico, ma funzionalmente risponderebbe a tutte le esigenze di una vera e propria città. Un po’ come il plan obus di Le Corbusier e un po’ come la Ringstrasse viennese, questa città orbiterebbe attorno al suo principale asse di connessione. Ciò permetterebbe di svuotare, almeno in parte, la città archeologica così da farla divenire un immenso parco tematico. Una città solo da visitare, attorniata da una esclusivamente da vivere.

B) Una “galassia” di episodi
Le eccezioni come elementi particolari del sistema anello.
Questa strada ad anello è costellata da una serie di fuochi che caratterizzano il suo tracciato. Questi elementi puntuali, così come il sistema di svincoli, rafforzano l’identità circolare del raccordo ma sono anche percepibili come singole centralità. Ciò che un tempo erano solamente delle stazioni di servizio o aree di sosta, oggi sono anche veri e propri pezzi di città. Dall’insediamento della seconda università di Roma “Tor Vergata” alla città lineare dei rivenditori di lampadari, il raccordo è anche un campionario di funzioni diverse. Ogni episodio diverge dall’altro nelle dimensioni. Spesso è intervallato dal paesaggio dell’agro romano, alle volte invece alcuni episodi sono continui uno dopo l’altro. Anche il sistema delle uscite (33) sembra costellare il raccordo come una galassia. Questo è molto chiaro analizzando gli schemi grafici con cui il raccordo è spesso sintetizzato. Tra l’altro il suo tracciato è divenuto un segno preciso nelle mappe di Roma. Come un tempo le mura, il raccordo oggi equivale alle fortificazioni di un tempo. Smista gli accessi e le uscite. Il suo intero tracciato è punteggiato di segnaletica, colonnine d’emergenza e svincoli. Come questi elementi trovano ordine nel segnare l’anello, allo stesso modo è il GRA a tenere insieme i diversissimi tratti di città che si incontrano. E’, infatti, proprio il raccordo a legittimare tutte le aree abusive che si trovano nella sua costellazione.

Sovrascrivere e riconnettere.
L’articolazione di questi elementi puntuali necessita la progettazione di nuove relazioni tra l’infrastruttura e i pezzi di città. Gallerie, ponti e nuovi snodi servirebbero a garantire maggiori connessioni tra la parte di città interna e quella esterna al GRA. Allo stesso modo, il raccordo potrebbe essere integrato nella conformazione dei nuovi insediamenti. Esso così non sarebbe più emarginato dalla città ma connesso ad essa e addirittura parte strutturante delle aree di nuova progettazione. In questo caso il tracciato viario sarebbe visto come una sorta di preesistenza su cui ancorare i nuovi insediamenti. Ogni nucleo urbanizzato si attaccherebbe al raccordo come un grappolo. Il GRA diverrebbe la generatrice di tante piccole città infinite connesse ed integrate tra loro.

C) L’estetica “per parti”
La percezione visiva tipo “collage”.
L’abitante del GRA, solitamente, vive fuori i limiti della città consolidata o ai margini di essa. Usa il raccordo come unica strada di spostamenti e utilizza i servizi presenti come luoghi rituali dove recarsi abitualmente. Ha quindi una percezione della città esclusivamente dall’auto ed è abituato a guardare il paesaggio ad una velocità di 80km l’ora. Anche per questo motivo, la città che incontra è superficiale, da leggere velocemente, fatta di giganteschi cartelloni pubblicitari, display luminosi informativi e un diverso modo di percepire la luce. Un po’ come le strip di Las Vegas, il GRA è stato per tanto tempo fin dal 1961, anno dell’apertura, una strada di frontiera come l’aveva fotografata Fellini. Solo oggi è alla ricerca di un forte carattere identitario che lo contraddistingua e lo legittimi. Con il passare del tempo, il raccordo ha trovato un equilibrio estetico. Come un collage d’immagini sembra essere composto da parti. Frammenti di campagna romana, acquedotti e mausolei, si alternano ad insegne e case a schiera con tetti a falda.
Ogni tanto il Tevere e le sue piane, ogni tanto qualche forra, e poi stabilimenti e ancora baracche tra centri commerciali e palazzi per uffici. Non è mai esistito un progetto specifico per la strada mentre il paesaggio si è conformato autonomamente. Forme arbitrarie si sono mischiate alla natura del territorio primigenio di Roma. Spesso esiste solo un fronte stradale che accompagna la percezione del bordo della strada mentre oltre si percepisce il paesaggio dell’agro. Guardare oltre il raccordo equivale ad investigare sulla frontiera della modernità di Roma, che ancora sta aspettando, al concetto stesso di città che oggi vacilla sempre più e pone seri interrogativi su che senso dare all’idea di un’espansione che pare infinita.

Scene consequenziali.
L’aspetto coatto e agricolo del GRA è oggi legittimato e riassorbito così da poter riprogettare un nuovo aspetto sulla base di quello originario. Come una strada fatta di quinte, il raccordo si pone allo stesso modo nei confronti di chi lo percorre. Che siano forme di comunicazione o pezzi di città, spesso non fa differenza. La sua immagine oggi riflette gli aspetti velleitari del processo di rinnovamento della città.
Leggere l’estetica del GRA serve solo per poterne decifrare la sua natura. Dalla lettura di esso, ne consegue il progetto, anche delle parti. E’ una campionatura notevole di brani di città diffuse laddove queste non sono neanche state immaginate. Ripensare alle sue quinte significa trovare il modo di reinterpretarle con la stessa ingenuità con cui sono state concepite. Il GRA oggi può essere una grande occasione per l’espansione della città solo se compreso e riprogettato, svincolandolo dalla sua originaria funzione di infrastruttura viaria.

Luglio 2005

Mattia Darò

 

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